Resistenza Silenziosa nasce dall’idea che ciò che appare inevitabile non debba necessariamente esserlo. La realtà odierna ha preso una direzione che, secondo noi, allontana le persone, scalfisce i rapporti, danneggia l’autostima e impigrisce le nostre facoltà. Noi crediamo che un modo per invertire questo processo esista e ci impegniamo a parlarne per riflettere insieme su quello che c’è e quello che si può fare per migliorare le cose. Parliamo di rapporti umani, di impressioni personali sulla società, sul modo in cui la tecnologia impatta su di essa, cerchiamo soluzioni per i problemi del mondo moderno e lo facciamo attraverso le lenti del Pensiero in ogni sua sfumatura. La nostra è una resistenza “silenziosa” proprio perché crediamo che non sia necessario sollevare polveroni per far valere le proprie idee, ma che si possa cambiare il mondo che ci circonda a partire da ciò che la musica, la poesia, l’arte, la filosofia lasciano dentro di noi.
Scrivere. Condividere un pensiero, un arrovellamento, un’esperienza, una realizzazione. Produrre una stringa di caratteri che, magicamente, prende la forma di uno scenario completo, completo nella sua parzialità poiché prodotto da mani-menti-organigenitali limitati come quelli degli esseri umani.
Da poco ho letto Haiku. Il Fiore della poesia giapponese da Basho all’Ottocento (a cura di Elena Dal Pra). Di seguito, citerò alcuni haiku, accompagnati dalle sensazioni che mi hanno provocato. La poesia ci provoca, ci prova: sta a noi accettare la sfida.
“Tanto ci sarà di meglio da fare”, come nuovo paradigma mentale. Mi chiedo cosa distingua il modo di affrontare la giornata negli ultimi trent’anni rispetto al periodo precedente, quello del boom economico, dei rivoluzionari anni Sessanta, dei morigerati Settanta e dei patinati ed eccessivi Ottanta. Tantissime cose, troppe anche solo per provare ad immaginarle tutte. Eppure, di una grande rivoluzione passata forse in sordina potremo dire qualcosa: quella del tempo libero.
E’ rassicurante poter parlare dei massimi sistemi non essendo filosofi, della natura umana senza sapere uno straccio di antropologia e psicologia e di enogastronomia senza avere il palato. E’ rassicurante per il semplice fatto che “tutto fa brodo” e mi piace pensare ad ogni singola opinione come ad un sassolino lanciato nella macina per produrre il cemento. Certo, è ovviamente un modo per mettere le mani avanti, del resto quando si è consapevoli del fatto che si sta per dire qualcosa di potenzialmente antipatico è sempre meglio premurarsi di avere un’uscita di emergenza a portata di sgambettata.
Ogniqualvolta si parla di analisi di dati si parte da un assunto fondamentale: non bisogna credere ciecamente a tutto quello che si legge o che, peggio, viene spacciato per vero.
Di recente, riflettevo sulla potenza di “Spring Breakers”, film di Harmony Korine del 2012 con James Franco, Vanessa Hudgens e Selena Gomez fra gli altri.
Shwa, asterischi, dialetti, la lingua è viva, la lingua cambia, la lingua è sessista, la lingua è in grado di auto-regolarsi, la lingua è viva, no, è morta, la lingua è ancora in circolazione. La lingua è una mia grande amica.
Ben ritrovati amici del canale, qui è Disco Brain dove a ballare in pista è il cervello!
Ne parlano tutti e non sarà certo una sorpresa che in questo nostro appuntamento si parli proprio del gioco del momento. Niente di meno che Elden Ring: la nuova fatica di casa From Software. Artisticamente parlando, questo videogioco è il frutto dell’inaspettato amore sbocciato tra Hidetaka Miyazaki e George R. R. Martin, due figure emergenti e poco conosciute insomma. A distanza di circa tre anni dal primo annuncio avvenuto nel 2019, ci ritroviamo tra le mani un videogioco che, nel bene e nel male, nella lode e nell’ingiuria, sono sicuro che terrà le nostre bocche e le nostre tastiere impegnate per molto tempo.
Ma andiamo al punto: Elden Ring ha il potenziale per diventare un classico storico del medium videoludico? Cercherò di rispondere durante la recensione di oggi, qui su Disco Brain!
(La recensione conterrà spoiler minimi necessari per poter parlare del titolo in modo abbastanza completo, perciò è consigliato rimandare la fruizione in caso non abbiate ancora avuto modo di giocarlo.)
“La terra degli anelli e degli alberi ancestrali”(altro…)
Negli anni della cultura dell’hype, delle aspettative gonfiate a tal punto da sostituire quasi interamente lo stesso prodotto pubblicizzato, riescono a prodursi degli eventi davvero singolari. Basti pensare ai fondi che vengono destinati al marketing, che spesso rivaleggiano se non superano addirittura il budget dell’intera produzione, dall’attenzione spasmodica che viene concessa ad ogni nuova uscita e quindi alla sua successiva discussione che ha tanto l’aria di una eviscerazione in piena regola.